HISTORY

habub

HABUB

Le dune sferzate cambiano la loro forma, granelli di sabbia si sollevano in vortici trasformando il
panorama. L’orizzonte è una linea impercettibile che si perde laggiù.
Ci sentiamo spersi, senza riferimenti, cerchiamo di avanzare verso il nulla assistendo increduli allo spettacolo di dissolvenze accelerate.
La luce acceca, la calura prosciuga e il tempo prende una dimensione surreale.
A tratti la sabbia compatta ci permette di avanzare a passo spedito, a tratti si trasforma in polvere finissima e impalpabile che ci risucchia.
Spingere, spingere e riprovare fino a quando non ci si libera dalla morsa di quella cipria.
Un dromedario sfila accanto senza scomporsi, lui è di casa.
Il vento non concede tregua, la sabbia modella strane forme e noi ci sentiamo piccoli, in balia di una tempesta, certi che presto o tardi tornerà la quiete.
Bisogna guadagnare la vetta di una duna per cercare un riferimento che permetta di procedere.
Bisogna navigare a vista alla ricerca di un segno familiare sulla linea d’orizzonte.
Poi all’improvviso tutto si acquieta. Il vento si dissolve senza preavviso.
Il cielo riprende il suo colore, la sabbia la sua consistenza e davanti a noi si materializzano
resti di storia millenaria.
Era laggiù che volevamo arrivare, era laggiù che dovevamo arrivare.
Il dromedario ci sfila accanto, senza scomporsi.


HABOUB

The Haboob suddenly blows and the desert disappears from view.
The wind-lashed dunes change their shape, and grains of sand rise in eddies, transforming the landscape.
The horizon is an imperceptible line lost in the distance.
We feel lost, without references; we try to advance towards nowhere, witnessing in disbelief the spectacle of quick dissolution.
Light blinds, heat dries up and time takes on a surreal dimension.
At times, the compact sand allows us to advance at a brisk pace; at other times, it turns into very fine and impalpable dust that sucks us in.
Push, push and try again, until you free yourself from the grip of that powder.
A dromedary passes calmly by; he is at home.
The wind gives no respite, the sand forms strange shapes and we feel small, at the mercy of a storm, certain that sooner or later, calm will return.
We must reach the top of a dune to look for a reference point that will allow us to proceed.
We have to navigate by sight in search of a familiar sign on the horizon.
Suddenly, all is quiet. The wind dies without notice.
The sky regains its colour, the sand its texture and before us materialize remains of ancient history.
It was there that we wanted to go; it was there that we had to go.
A dromedary passes by unperturbed.

BACKSTAGE

SUDAN  Deserto
Il deserto sudanese è un mondo immensamente silenzioso dove l’unica voce è il suono del vento. Il vento è capace di modificare, di cancellare, di spostare, di esserci e poi scomparire.
Ci sono giornate in cui si ha la sensazione di non venirne fuori, all’improvviso tutto diventa difficile, la luce abbaglia senza mostrare nulla all’orizzonte, ogni sforzo sembra vanificarsi nel nulla. Nonostante l’apparente monotonia, il deserto è come una cartina geografica sulla quale sono impressi dei segnali che devono essere letti. Le emozioni sono fortissime e quando dopo giornate trascorse nella nebbia compare l’oasi capisci di avere navigato l’immenso meraviglioso, indescrivibile mare di sabbia.

 

The Sudanese desert is an immensely silent world where the only voice is the sound of the haboob wind. The wind is capable of changing, erasing, moving, being there and then disappearing. There are days when you feel like you can’t escape it. Suddenly, everything becomes difficult, the light dazzles without showing anything on the horizon; every effort seems to be in vain. Despite the apparent monotony, the desert is like a geographical map on which signs are imprinted that must be read. The emotions are very strong, and when, after days spent in the fog, the oasis appears, you understand that you have navigated the immense, wonderful, indescribable sea of sand.

 

 

Category
Streetstories